Vladimir Propp, nei primi anni del 900 è uno dei primi grandi autori moderni a occuparsi di narrazione. Nella sua “morfologia della fiaba” egli si occupa di analizzare la struttura di un centinaio di fiabe tradizionali russe estrapolandone 8 personaggi topici e uno schema caratteristico comune.
Gli 8 personaggi di Propp:
Lo schema generale di una fiaba, secondo Propp:
Sezionando quasi chirurgicamente le fiabe in elementi minimi, Propp riesce a dimostrare inoltre l’esistenza di alcune specifiche costanti nella variabilità.
Queste funzioni possono essere strumenti preziosi per il marketer di oggi che voglia focalizzarsi sullo storytelling e possono essere utilizzate nel duplice intento di:
Queste costanti, identificate da Propp tanto a livello di contenuti, quanto in termini di azioni e funzioni, sono i punti cardine all’interno della narrazione e sono quelle unità che mandano avanti l’intero racconto. Esse sono:
Questo schema si può applicare a tanto alle favole quanto ai nostri spot pubblicitari preferiti che utilizzino lo storytelling.
È raro in particolare che, all’interno di una vicenda, manchino le coppie divieto/infrazione e lotta/vittoria che formano una struttura paradigmatica e sequenze concatenate tra loro formando dei blocchi sintagmatici precostituiti.
Oggi però, con un audience sempre più abituato alla narrazione è utile porre una particolare attenzione agli aspetti più emotivi dei racconti.
Invece che riproporre graniticamente questo schema sarebbe più utile usarlo come griglia di partenza per decodificare una storia o per organizzare una narrazione, avendo però premura di aggiungere ad essa, in quest’ultimo caso, quel quid personale, quel lovemark[1] unico ed archetipico che ogni brand vuole comunicare e che può essere cifra personale di ogni diverso storyteller.
[1] Kevin Roberts, Ceo dell’agenzia Saatchi&Saatchi introduce i “lovemarks”: valori ipotetici unici, di base archetipica e dalla forte valenza emotiva che le imprese devono plasmare, dopo aver creato il loro brand. Roberts sostiene infatti che il sentimento di amore verso la marca che può provare un consumatore assuma valenze molto simili a quelle dell’amore interpersonale per la psicologia (in Roberts, 2004 Lovemarks: the future beyond brands.)