Lo storytelling, inteso nella sua accezione più moderna, si sviluppa negli ultimi anni del 900, si fonda sulla concezione di pensiero narrativo e si configura come quella disciplina che basa il proprio approccio sul racconto usato in chiave emozionale e strutturato secondo una precisa organizzazione cognitiva, al fine di emozionare, motivare e ingaggiare il proprio pubblico, attraverso narrazioni che lo coinvolgano a profondamente, generando appartenenza.
Come possiamo notare in sintesi dalla seguente tabella, riadattata dal saggio “Il racconto egocentrico. La diffusione della narrazione come piattaforma comunicativa tra Literary Darwinism e Biopoetica”, lo storytelling è arrivato a coprire moltissimi ambiti della scienza ed ha oggi una capillare diffusione interdisciplinare [1]
Scienze psicologiche: molti psicoterapeuti o psicologi, J. Bruner in testa, mettendo in luce il problema “narrazione-identità” giungono a evidenziare come la nostra personalità sia uno script, una sorta di sceneggiatura all’interno di quelle che vengono definite “teorie del Sé come testo”.
Scienze economiche: l’irrompere degli elementi simbolici e irrazionali nel consumo aprono l’era delle economie dell’esperienze, del desiderio e dei life-styles che suscitano una serie di dibattiti e studi sulle componenti immaginarie e finzionali-narrative (nei prodotti) come parti integrate dei processi produttivi
Scienze politiche: la narrazione è un elemento cruciale del dibattito politico, sia durante le campagne elettorali per costruire un “ponte narrativo” tra candidati e pubblici sia durante il mandato di governo per gestire le azioni comunicative dell’esecutivo.
Scienze mediche: dove la “Narrative Based Medicine” ad opera di molti studiosi tra cui Rita Charon inizia a porsi il problema medico-paziente alla luce della relazione narrativa che si instaura tra i due
Scienze militari: dove con la fine della Guerra Fredda, l’irrompere delle guerre asimmetriche all’interno di scenari di supremazia di potere multipolare e di terrorismo mediatico e urbano, la capacità di gestire la percezione sociale e l’opinione pubblica diventa fondamentale attraverso la narrazione.
Scienze manageriali e organizzative: dove è abbastanza assodato il ruolo rilevante dei processi narrativi nelle dinamiche di costruzione dell’identità di marchi, nelle relazioni tra brand e consumatori, nel design delle esperienze di vita manageriale e di consumo
Industria dell’intrattenimento: dove la fine della distinzione forte tra fiction e non-fiction porta l’accento sul mettere in scena racconti di vita che a volte sono o possono essere esemplari: talent show; altre volte meramente voyeuristici: Big Brother
Qualizza, nel suo saggio “Lo storytelling nella comunicazione d’impresa”, grazie all’analisi di alcuni specifici casi aziendali, fa emergere come oggi emerga l’opposizione tra due diversi modi di fare storytelling. Esso può essere inteso, da un lato, come arte del possibile, rivolto all’immaginazione del domani o alla rilettura da una differente angolazione del passato e da un altro lato, come strumento di presidio dell’esistente, utile a sollecitare l’adeguamento degli interlocutori a un quadro di valori e di modelli già consolidati.[2]
In altri termini, alcune aziende interpreterebbero lo storytelling istituzionale come occasione per “ingessare” in un racconto agiografico l’attività dell’impresa, altre lo penserebbero invece come un processo continuo di narrazione nel quale sia l’azienda che si racconta, sia i suoi stakeholder, possono in varia misura essere coinvolti “nel formulare, rivedere, applaudire e rifiutare i vari elementi della narrazione perennemente messa in scena”. [3]
Personalmente sono molto più vicino a quest’ultimo tipo di concezione di Storytelling, sposata anche da A. Fontana[1], il quale amplia la definizione attribuendogli alcuni ulteriori caratteri. Lo storytelling sarebbe infatti un modo in cui si pensa ma anche un dispositivo attraverso cui produrre valore nel consumo, un mezzo di socializzazione di conoscenze, una forma di consumo quotidiana, un processo di presidio del senso e delle prassi di un contesto e un dispositivo di apprendimento che utilizza diversi media per allineare la storia individuale a quella collettiva e viceversa.
Nello specifico possiamo attribuire 5 macrofunzioni allo storytelling aziendale:
[1] Fontana, 2017, Il racconto egocentrico. La diffusione della narrazione come piattaforma comunicativa tra Literary Darwinism e Biopoetica, in Synergies Italie n. 13
[2] Qualizza, 2009, Lo storytelling nella comunicazione d’impresa, In Tigor. Rivista di Scienze della comunicazione n. 2
[3] Czarniawska, 2000, Narrare l’organizzazione. La costruzione dell’identità istituzionale, Einaudi
[4] Batini, Fontana 2010, Storytelling Kit, Etas-Rizzoli
[5] Demetrio, 2000, L’educazione interiore, introduzione alla pedagogia introspettiva, La Nuova Italia, Firenze
[6] Franchi, 2007 Il senso del consumo, Mondadori
[7] Fontana, 2009, Manuale di Storytelling, Etaas-Rizzoli, Milano
[8] Jedlowski, 2009, Il racconto come dimora. “Heimat” e le memorie d’Europa, Bollati Boringhieri, Torino